L’import dà una spinta al legno; la certificazione è una garanzia

lunedì 16 aprile 2018
L’import dà una spinta al legno; la certificazione è una garanzia

Dopo il tracollo di dieci anni fa, le prospettive per il legno tornano positive anche sul fronte dell’import, trainato dalla domanda che risale.

In Italia nel 2017 il valore delle importazioni per tutto il macrosistema legno ha raggiunto i 4 miliardi di euro. Si sente la lieve ripresa del settore immobiliare, che porta l’import di materia prima e semilavorato per pavimenti, porte e finestre a quota 700 milioni di euro, e cresce il comparto degli imballaggi trainato dalla richiesta di bancali per lo stoccaggio e il trasporto delle merci, superando i 360 milioni.

Numeri positivi anche per il segmento dei pannelli per l’industria del mobile, che passa dai circa 700 milioni di euro nel 2011 ai 900 nel 2017.

Da solo, il legno di prima lavorazione vale quasi la metà di tutto l’import, per un valore di 1,4 miliardi di euro: cifra legata alla crescente diffusione del pellet che però, avvertono da Federlegno Arredo, è in generale stata influenzata da una crescita media dei prezzi, mentre le quantità di segati importata si è ridotta.

Fenomeno simile si registra nel comparto delle biomasse, dove il valore tocca 400 milioni, ma è legato anche qui a un aumento dei prezzi, mentre i volumi si sono lievemente contratti.

Il principale fornitore di legno rimane l’Austria, da cui parte quasi un quarto dei flussi verso il nostro Paese. Se si considerano tronchi, segati e pannelli, escludendo legno per edilizia e arredo e imballaggi, il valore dell’import italiano dall’Austria è di quasi 800 milioni di euro. In realtà, non si tratta sempre di alberi che crescono di là dal confine: «I boschi italiani sono gestiti principalmente da aziende austriache che prendono la materia prima e rivendono poi in Italia il prodotto semilavorato», spiega il presidente di Federcomlegno, l’associazione dei commercianti di legname, Alessandro Calcaterra.

Una situazione dovuta al fatto che in Italia non ci sono impianti per le prime lavorazioni: «Con il nuovo Testo unico forestale le cose potrebbero però cambiare nel giro di pochi anni».

Seguono Germania (260 milioni di euro), con un aumento del valore dell’import dell’8% rispetto al 2016, e Francia, che invece registra una diminuzione del 4,5% ma si mantiene a quota 220 milioni. Nel lungo periodo, tra il 2011 e il 2017, a crescere di più sono stati i Paesi dell’Est europeo: Slovenia (più 63%, soprattutto nel comparto materie prime), Croazia (più 52%, principalmente nelle prime lavorazioni), Romania (più 43%) e Polonia (più 134%).

Dall’Europa arriva il grosso del legname importato, con una parte di questi flussi che potrebbero essere sostituiti da legno nazionale: ad oggi, infatti, in Italia aumenta la superficie forestale, ma non crescono di pari passo i prelievi di biomassa dai nostri boschi. Allo stesso tempo però, aggiunge Calcaterra, «l’industria italiana da tempo si è specializzata nel lavorare una grande quantità di legnami diversi e ha bisogno di importare materia prima dall’estero. Dall’Austria viene soprattutto il legno da opera, dai Paesi fuori dall’Europa importiamo invece legno per usi decorativi, finestre, pavimenti e profili». Fuori dal continente, il principale fornitore italiano sono gli Stati Uniti, da cui arrivano tronchi e segati di latifoglie per un valore che nel 2017 ha sfiorato gli 82 milioni di euro, il 2% in più rispetto al 2016. A registrare la crescita più sostenuta è stato invece il Brasile (più 72% tra il 2011 e il 2017, con un’accelerata negli ultimi 12 mesi, con un più 32%), seguito da Russia (più 7,5%) e Ucraina (più 10%). Numeri che, a fronte di un aumento generalizzato della domanda di legno, fanno intravedere una nuova intensificazione dei flussi commerciali extra europei dopo un periodo di crollo.

«Negli anni passati sono diminuite le importazioni da fuori Ue, sia per via della crisi che ha portato a privilegiare le distanze più brevi, sia per il nuovo regolamento varato da Bruxelles nel 2013. La norma ha imposto di acquistare dall’estero solo legname di cui era possibile certificare la piena legalità della filiera. Così, quando era difficile raccogliere tutta la documentazione necessaria alcuni operatori hanno preferito evitare certi mercati».

Un effetto che ora appare metabolizzato, e che può rappresentare invece un valore aggiunto da promuovere: «Non si dice mai, ma ad oggi il legno, oltre a essere la principale materia prima rinnovabile, è anche l’unica in Italia ad avere sempre una provenienza legale certificata. Cosa che non vale per altre materie, dai metalli al petrolio».

Fonte: www.repubblica.it

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